Son dispiaciuta, prendo chi non ha vissuto, ma se il coraggio di vivere avrai io ti lascerò… più tardi passerò
Ad un uomo ormai stanco ottantanove anni trascorsi sulla terra, si presentò la morte: «Finalmente!» le disse l’uomo, «Posso riposare in santa pace, per me è giunto il meritato riposo in paradiso».
Egli fu un uomo molto religioso e ligio, non osò mai lasciarsi andare alle proprie emozioni ai propri istinti, ciò era peccato. Voleva guadagnarsi il paradiso. Oltretutto era un gran lavoratore, sacrificò tutto il suo tempo a compiere il suo dovere, impostogli dalla società. Quante volte sarebbe rimasto volentieri a casa, giocare con i suoi figli, strapparsi di dosso il doppio petto e correre a piedi nudi sul prato. Quante volte avrebbe voluto togliersi quel ruolo, quella maschera che egli stesso si era creato. Vivere come se non vi fosse un domani, ascoltando il sussurro, l’anelito che sentiva sgorgargli da dentro. Visse ottantanove anni infernali combattendo contro quella voce interiore che continuava a chiedergli cose che la sua etica morale e la ragione aborrivano. Quella voce, che gli sembrava così vera e così candida, e che a volte aveva ascoltato pur sentendosi in colpa.
Finalmente era tutto finito poteva lasciare l’inferno in terra e abbandonarsi al nero abbraccio della signora che lo portava via da questa valle di lacrime.
La mietitrice d’uomini guardò stupita il vecchio e gli disse: «Ma come? Possibile che non hai ancora capito che il paradiso era proprio quella vita che hai vissuto? Quello è stato il tuo premio, un dono inestimabile che non hai saputo cogliere, non hai sentito la mia voce che instancabilmente te lo ha ripetuto? Mi rattrista dirtelo ma in realtà hai trasformato il tuo paradiso in un inferno. Mi spiace che solo ora in punto di morte tu ti renda conto che non hai mai vissuto».
Accadde che anche ad un giovane uomo si presentò la signora in nero, ma egli contrariamente al vecchio, quando comprese di non avere mai vissuto la propria vita, si illuminò, capì e si ribellò . Comprese che in tutti quegli anni i sensi di colpa, i condizionamenti, i meccanismi, non gli permisero di esprimere i suoi talenti, la sua gioia, rendendolo cieco alla bellezza, e alla grazia della vita, rendendolo sordo al suo richiamo e muto alle sue richieste. Egli si attaccò così saldamente alla vita che la magnanima morte decise di lasciarlo andare.
Quel giorno, lo stesso della suo trapasso, egli rinacque, ed elesse la morte a consigliera.
Visse fino a centoquaranta anni, tutti i giorni, i minuti e i secondi come se fossero gli ultimi della sua vita. Ormai quella voce interiore era diventata la sua voce. Sereno percorse le strade della vita, e quando arrivato a qualche bivio se il dubbio lo assaliva, interpellava la sua consigliera, sua sorella la Morte.